Ciò che la Coalizione Sarda lascia alla politica isolana è un patrimonio di cui, al momento, non si sta cogliendo la portata, specie da parte di alcuni commentatori sempre al servizio dei vincitori più che della verità. Sarà il tempo a renderlo più chiaro.
L’enorme mole di contributi filmati, su tutti i temi che interessano la Sardegna, resterà su internet come una preziosa enciclopedia e rappresenta già un documento storico che servirà a capire, in futuro, la Sardegna di oggi, il perché dei suoi problemi e della loro persistenza; se non si risolvono è perché non si ha la volontà di affrontarli compiutamente.
I concetti che Renato Soru ha portato avanti durante questa campagna elettorale sono, probabilmente, troppo avanzati per la Sardegna di oggi; servirà qualche anno perché vengano metabolizzati e compresi a fondo dal grande pubblico. Così come il suo coraggio di andare controcorrente, non perché gli convenisse ma perché era giusto farlo. Troppo difficile spiegare cosa sia l’audacia a chi preferisce stare nella comfort zone delle alleanze elaborate per vincere le elezioni senza pensare al post, al giornalismo prono al potere, all’elettorato che sceglie chi può essere utile per qualche richiesta personale.
Del resto, se la grandezza delle idee venisse misurata in termini di consenso elettorale, dovremmo concludere che certi campioni di preferenze siano degli autentici statisti mentre spesso rappresentano una sciagura per l’interesse pubblico. È il clientelismo il vero male di questa terra. E le parole di Soru sull’istruzione come unico strumento per combatterlo resteranno scolpite nella pietra.
Se la Coalizione Sarda è fuori dal Consiglio Regionale è solo per via di una legge elettorale che tutela unicamente le minoranze docili, che si accodano: in quel caso, non ci sono sbarramenti. Qualche centinaio di voti e vieni eletto. Per le minoranze vere, che camminano da sole, gli ostacoli sono impervi. E di voti non ne bastano 60.000. Ci siamo assuefatti all’idea che sia ammissibile lasciare senza rappresentanza fette così ampie di popolazione. Ma in ogni caso, in termini assoluti il risultato è stato comunque grande. Renato Soru ha raccolto, in un paio di mesi, un consenso superiore al Movimento 5 Stelle, che aveva designato addirittura la candidata. Senza che la stampa ne desse conto; senza il supporto di leader e quotidiani nazionali; senza risorse pubbliche, senza strutture nel territorio. Soprattutto, senza promettere favori, posti di lavoro, raccomandazioni. Un consenso limpido, basato su idee pulite, innovative, realizzabili. Che sono state fatte conoscere paese per paese, in contraddittorio, facendo nuovamente incontrare le persone come in Sardegna non succedeva da tempo. E consentendo la partecipazione a chi era lontano, tramite lo streaming. Senza che la stampa ritenesse opportuno analizzarle nel dettaglio, preferendo dare conto dei patetici show di politici nazionali che della nostra terra si ricorderanno solo in occasione della prossima campagna elettorale.
È stato già detto, e non è necessario ribadirlo, quanto il viaggio di Soru abbia riportato tante persone alla partecipazione attiva, risvegliato l’interesse su problemi di cui non si discuteva più, costretto anche gli altri candidati ad andare tra la gente rivelandone l’inconsistenza tenuta celata dai social media manager, riaperto il dibattito, aperto un confronto serrato che ha risvegliato i sardi dalla noia del solito teatrino tra destra e sinistra che si fronteggiavano in maniera artefatta.
Qualcuno si chiede se la Coalizione Sarda possa avere un futuro anche senza aver eletto consiglieri regionali. Io porrei la domanda opposta: ma veramente si può pensare che non ce l’abbia, partendo da un 8,5%? Sardegna Resiste si dichiara fiduciosa per il futuro partendo da 0,6 e la Coalizione dovrebbe fermarsi con un consenso superiore al Movimento 5 Stelle?
Passato il momento di gloria della vittoria e tinteggiate le ciocche, per la nuova amministrazione regionale arriverà il momento di mantenere le promesse fatte. In primis, la moratoria sull’eolico, in presenza di una norma statale targata Governo Draghi – di cui abbiamo parlato – che la vieta; la continuità territoriale sulla base di un modello descritto in maniera confusa; la riapertura di punti nascita vietata dalla normativa statale; l’intervento sulla legge elettorale previsto nel programma e così via. Le contraddizioni emergeranno ineluttabilmente.
La mancanza di referenti in Consiglio Regionale non impedirà alla Coalizione Sarda di svolgere un ruolo fondamentale di controllo, proposta e informazione su tutte queste tematiche. Sarà un’opposizione extraparlamentare, mediante occasioni d’incontro sia virtuali che reali. È necessario coinvolgere i comitati, le associazioni, gli intellettuali e le persone che hanno mostrato interesse durante questi mesi: ricordiamoci che per contenere chi ha votato per Soru non basterebbe lo Stadio di San Siro. E non è poco. È necessaria, poi, una pagina che raccolga opinioni, spunti, voci che sono praticamente assenti nel grande dibattito pubblico perchè la stampa tradizionale non ne fornisce visibilità.
La sfida non è semplice ma è affascinante e c’è tutto il tempo per affrontarla nel migliore dei modi.
PS. Non c’è da stupirsi se anche a posteriori si leggono articoli e commenti che tendono a sminuire il progetto avviato da Soru. Hanno capito che potrebbe dare i frutti col tempo e continuano ad averne una tremenda paura. Se così non fosse, riconoscerebbero l’onore delle armi. Ma hanno capito che la battaglia è appena iniziata.
Antonio Piras