Non è chiaro chi stia consigliando la Presidente Todde circa le mosse da compiere per contrastare la speculazione eolica ma, chiunque sia, la sta conducendo ad un harakiri.
Intervistata il 28 aprile dal TgR a margine delle celebrazioni per Sa Die de sa Sardigna, afferma la Todde: “noi presenteremo, intanto, come proposta di legge della Giunta una prima proposta di stop di 6 mesi nella riunione di Giunta che faremo il 30; e poi ci stiamo attrezzando per proporre dei disegni di legge che possano essere risolutori in modo definitivo rispetto alla difesa della nostra terra”.
Torneremo tra pochissimo sulle ragioni per le quali – in attesa di questi provvidenziali ma al momento ignoti “disegni di legge risolutori” – la proposta della Presidente costituisce una sicura debacle; prima, però, non si può sorvolare sull’ulteriore affermazione della Todde, la quale, sollecitata dall’intervistatrice ad una risposta sulla paventata assenza di strumenti per bloccare questi tentativi di speculazione, afferma: “non è così, gli strumenti ci sono; io mi rifaccio sempre al fatto che tanta gente ha taciuto negli ultimi anni; se ne è parlato in campagna elettorale e in questi giorni però ci si è dimenticati per troppo tempo di ciò che stava accadendo”.
Non si capisce a chi si riferisca la Todde quando accusa terzi di aver taciuto. La Regione si è opposta con ricorsi. La legge sulle aree idonee non poteva essere approvata per l’assenza del decreto ministeriale, di cui si attende l’emanazione dal 2021. I Comitati denunciano il problema da anni. Chi rimane? Forse i partiti della sua maggioranza? Sarebbe stato opportuno, pertanto, domandarle quali iniziative ha posto in essere quando il Governo Draghi di cui faceva parte in qualità di Vice Ministro allo Sviluppo Economico apprestava la normativa che lega mani e piedi alla Sardegna in ordine alla possibilità di resistere a questa invasione di progetti legati all’eolico e al fotovoltaico. E sebbene la Todde continui a sorvolare sul tema e non pronunci una sola parola sulle sempre più evidenti responsabilità di quell’Esecutivo, è proprio la normativa apprestata dal Governo di cui faceva parte a rendere inattuabile la proposta, avanzata ieri dalla Presidente, volta ad uno “stop per sei mesi” dei procedimenti di cui si discorre.
La ragione è presto chiarita. Un percorso sostanzialmente equivalente era stato avviato dalla Regione Abruzzo, che con la legge regionale n. 1/2022, articolo 16, aveva previsto esattamente un differimento di sei mesi del termine entro il quale la Giunta Regionale era tenuta a proporre al Consiglio Regionale lo strumento di pianificazione per l’individuazione dei siti inidonei all’installazione di impianti da fonti rinnovabili: attivando, in questo modo, un correlato meccanismo di moratoria esattamente della durata di 180 giorni.
Si tratta, negli effetti, di un rimedio identico a quello proposto dalla Todde. Chi ha impugnato questa normativa davanti alla Corte Costituzionale? È noto: il Presidente del Consiglio dei Ministri, il 15 marzo 2022. Ossia, Mario Draghi. Ossia, il Premier del Governo di cui la Todde faceva parte quando il ricorso veniva presentato. Lo stesso Premier che aveva preferito gli interessi dell’eolico a quelli paesaggistici e su cui si è pronunciato il Consiglio di Stato nella sentenza “Saccargia” di cui abbiamo parlato la scorsa volta.
La Corte Costituzionale, all’esito del giudizio, ha dichiarato costituzionalmente illegittima la moratoria di sei mesi approvata dalla Regione Abruzzo. E lo ha fatto avvalendosi – per l’appunto – della normativa introdotta dallo stesso Governo Draghi di cui abbiamo parlato tante volte.
Con sentenza n. 27/2023, nel giudicare fondato il ricorso promosso dall’ex capo della BCE, la Consulta ricorda come “il d.lgs. 199/2021 [ossia il famoso “decreto Draghi”, quello che – secondo qualcuno – “non esiste”] rechi “disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili” prevedendo, al comma 6 dell’art. 20, che “nelle more dell’individuazione delle aree idonee non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione”. Secondo la Corte, la moratoria abruzzese violava, innanzitutto, “i principi fondamentali della materia produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, in quanto confliggente “con la previsione di un termine massimo entro il quale concludere il procedimento unico” (art. 12, comma 4, d.lgs. n. 387/2003) nonché “con le funzioni di mera accelerazione e semplificazione del procedimento di autorizzazione unica”. Ma soprattutto, secondo la Consulta, “non può tacersi che il divieto di prevedere moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione viene espressamente ribadito dall’art. 20, comma 6, del d.lgs. n. 199/2021 [decreto Draghi, n.d.r.], che preclude detti meccanismi nelle more dell’individuazione delle aree idonee”.
Pertanto, non sono i “cretini e in malafede” evocati dal Sen. Licheri ma la Corte Costituzionale, cioè il supremo giudice delle leggi, ad affermare che la moratoria di 6 mesi proposta dalla Todde è incostituzionale e non è percorribile proprio in virtù della normativa apprestata dal Governo Draghi in cui lei era Vice Ministro. Non si comprende, pertanto, come possa accusare altri di aver taciuto, dato che è stato il suo Esecutivo ad approvare le norme che rendono assai difficile, per la Sardegna, tutelarsi. Divieto di moratoria il quale – peraltro – non era previsto nella legge-delega n. 53/2021; pertanto, diventa ingiusto anche scaricare le responsabilità sui parlamentari che l’hanno votata. Anzi, potrebbero sussistere, a tal proposito, gli estremi per ravvisarvi profili di incostituzionalità per eccesso di delega; ma ciò comporterebbe un difficile passaggio davanti alla Corte Costituzionale e, comunque, non eliminerebbe l’ulteriore conflitto ravvisato dalla Consulta con le esigenze acceleratorie e di semplificazione previste dalla normativa sulle rinnovabili.
La strada da seguire è un’altra: ossia, quella della tutela paesaggistica. Nonchè quella delle tutele contro i ritardi dei governi nazionali nell’emanazione del decreto ministeriale che consenta alle Regioni di partire con l’individuazione delle aree idonee. Quasi proibitiva è invece la strada della persuasione politica, unitamente ad altre regioni, per l’approvazione di una moratoria nazionale.
Ed invece, come si era paventato tempo fa, si avverte la chiara impressione che la nuova maggioranza voglia approvare comunque la moratoria – pur sapendo di condurre la Regione in un vicolo cieco – per poi scaricare le responsabilità politiche sul Governo Meloni, il quale, specie alla luce dei precedenti, sarà inevitabilmente tenuto ad impugnare una legge regionale sarda siffatta. Si tratterebbe di una mossa sconsiderata per almeno tre motivi:
– in primis, emergerebbe immediatamente – come già sta accadendo – che la normativa nazionale ostativa è proprio quella apprestata dal Governo Draghi, e la Todde dovrebbe risponderne;
– in secondo luogo, perché – spianando la strada a innumerevoli ricorsi – i profili di incostituzionalità potrebbero essere rilevati anche dalle imprese dell’eolico in un qualsiasi processo, evitando l’incombenza al Governo;
– in terza battuta, perché la sicura soccombenza della moratoria di sei mesi davanti alla Corte Costituzionale esporrebbe la Regione alla corresponsione di ingenti somme a titolo indennitario (n.b.: da atto lecito, quindi non risarcitorio: cfr. Cass. 23730/16) a favore dei “signori dell’eolico” e si perderebbe tempo inutilmente.
Oltre al danno, la beffa.
Attendiamo, pertanto, l’esito della riunione di Giunta di domani per appurare se davvero si sceglierà di percorrere questa strada sicuramente soccombente. Se così accadrà, ovviamente a beneficio dei titoli dei giornali nei quali si parlerà di una pronta e meritoria iniziativa della Todde contro le speculazioni eoliche, si tratterà di una mossa puramente populista in vista delle Elezioni Europee e Comunali di giugno ma giuridicamente impercorribile e prevedibilmente dannosa per gli interessi della Sardegna.
Antonio Piras
La sentenza della Corte Costituzionale n. 27/2023
Corte costituzionale – Decisioni
Il video con cui la Todde annuncia la moratoria di 6 mesi nella riunione di Giunta del 30 aprile (minuto 2.10)