L’argomento principale sul quale si basano le pressanti richieste, rivolte a Renato Soru, di abbandonare il suo nuovo progetto politico, è incentrato sul fatto che proseguire su questa linea spianerebbe la strada alla vittoria della destra.
È singolare che tale richiesta provenga principalmente dal Movimento 5 stelle, che la destra di Salvini l’ha portata al governo nazionale, facendogli raggiungere percentuali di consenso astronomiche; e che, in occasione delle scorse elezioni regionali, in Sardegna, si presentò da solo spianando la strada alla vittoria di Solinas (il cui partito, non dimentichiamolo, amministrava Cagliari col centrosinistra fino a poco tempo prima delle elezioni ‘19, per le quali pose le basi proprio in quell’esperienza comunale).
Con la destra, i 5 stelle hanno governato l’Italia fino a poco più di un anno fa, appoggiando il governo Draghi che vedeva tra le sue fila Forza Italia e la Lega.
È, altresì, curioso che il medesimo pericolo non venga avvertito, ad esempio, a Sassari, dove i 5 Stelle, attualmente, amministrano la città proprio con la destra.
Di programmi, però, non si parla mai. L’unico argomento che ha caratterizzato, finora, il percorso del “Campo Largo” è il presunto dovere morale di stare uniti per non regalare, nuovamente, la Regione alla destra. Per tale ragione, chiunque voglia provare a costruire un qualcosa di diverso – e, in particolare, una forza ben radicata in Sardegna, che non debba rispondere a esigenze e indicazioni scaturenti altrove – è invitato a rinunciare perché altrimenti si favorirebbero gli avversari.
Questa strategia non è nuova: basti pensare a quanto accadde nel 2014, quando si fecero ragionamenti analoghi intorno a Sardegna Possibile e alla sua candidata: “Credo che Michela Murgia sia intelligente e nobile. Se capisce che la sua lista non ha chance, potrebbe rinunciare pro Pigliaru” per evitare “la vittoria del peggio”, che sarebbe “terribile” (Paolo Virzì su La Stampa, 10 febbraio 2014).
Eppure, per sconfiggere il centrodestra non basta agitare la paura dell’avversario (la campagna elettorale delle ultime politiche insegna), né il fatto che si stia candidando una donna (la destra annovera la Presidente del Consiglio dei Ministri: si tratta, dunque, di un argomento non spendibile). Bisogna pensare ad un’alternativa programmatica effettiva. Dai tavoli del Campo Largo non è emerso nulla di tutto ciò: si è parlato di metodo per la scelta del candidato, di numero di sigle a sostegno, di tattiche. Ma le idee e i programmi dove sono? Ad esempio: cosa si intende fare di questa legge elettorale, che durante la legislatura ‘14-’19, pur potendo, non è mai stata messa in discussione? Su esercitazioni e basi militari il Campo Largo che posizione assumerà? Quali proposte (concrete, non slogan) si intende avviare per Istruzione e Sanità? E sulla continuità territoriale? Per le zone interne e i piccoli comuni quali misure verranno praticate? Soru e i suoi alleati hanno chiarito abbastanza bene la propria posizione su questi temi, ribadendola più volte e mettendola a disposizione di tutti i cittadini attraverso i filmati degli incontri in cui si è discusso approfonditamente senza sottrarsi alle domande dei cittadini. Gli altri come la pensano?
E, soprattutto, c’è da chiedersi: lo scopo della politica, è esclusivamente quello di vincere le elezioni oppure quello di elaborare proposte per migliorare l’esistente? Se non si discute mai e tutto è imposto, quando potranno emergere delle idee diverse per una Sardegna migliore?