In un recente confronto tra candidati in materia di energia, l’on. Todde ha fatto due affermazioni impegnative: ossia, che il Ministro Pichetto Fratin avrebbe innalzato di dodici volte le soglie dell’eolico in Sardegna, e che i governi di cui lei ha fatto parte non le avrebbero modificate; e che il Decreto Draghi non esiste. Sotto quest’ultimo profilo, va ricordato che di Decreti “Draghi” sul tema – tenendo presente che queste denominazioni sono sempre informali – ne esistono ben due (il dpcm 29 marzo 2022 – Energia Sardegna – e il d.lgs n. 199/2021, entrambi molto importanti per la nostra isola); qualcuno, peraltro, usa già soprannominare il primo “Decreto Todde”, avendo lei stessa dichiarato: “il provvedimento dà attuazione ed estende una misura su cui avevo lavorato nel Semplificazioni 2020” (Il Fatto Quotidiano versione on line, 5 aprile 2022).
Non vuole, comunque, essere questo l’oggetto della presente analisi, bensì un’altra affermazione della candidata dei 5 Stelle. Sostiene la Todde in occasione dell’incontro presso la Confcommercio del Sud Sardegna: “Il limite per le rinnovabili è stato portato avanti dal Ministro dell’Ambiente nel 2023 e fino al 2023 c’erano dei tetti che erano fissati da un decreto del 2012 (Burden Sharing). Questo decreto Burden Sharing fissava le quantità che venivano portate avanti in atti che sono il Pniec nazionale, i piani energetici regionali e non è mai stato messo in dubbio se non per la Regione Sardegna per la decarbonizzazione delle centrali fino al 2023, momento in cui il Ministro Pichetto Fratin ha alzato di 12 volte il tetto che c’era rispetto alle rinnovabili” (dal minuto 1h29 in poi del video presente sulla pagina di Confcommercio).
Aggiunge inoltre la candidata pentastellata: “vi prego di studiare perché è importante, quando si citano gli atti bisogna ripercorrerli tutti”.
È proprio vero: bisogna studiare e gli atti ed è necessario ripercorrerli tutti con attenzione.
L’interpretazione fornita dal Campo Largo induce a credere che il Ministro Pichetto Fratin, così dal nulla, abbia deciso di aumentare la quantità di produzione di eolico in Sardegna. Ma poichè, come afferma la Todde, gli atti vanno ripercorsi tutti, proviamo a farlo.
Il c.d. decreto Burden Sharing citato dalla candidata, quello – per intenderci – che prevedeva il limite iniziale di dodici volte più basso, non è altro che il decreto ministeriale 15 marzo 2012, emanato in attuazione dell’art. 2, comma 167 della Finanziaria per il 2008, che recepiva altresì – come indicato nel preambolo – le indicazioni provenienti dalla Direttiva Europea n. 28 del 2009 (e l’allora PAN, Piano di Azione Nazionale per le rinnovabili).
Questo decreto ministeriale fissava, come detto, le quote di produzione da rinnovabili per la Sardegna (e per le altre Regioni) con riferimento alla normativa europea vigente in quel momento, come recepita dall’Italia.
La Todde, tuttavia, nello stesso momento in cui suggeriva di ripercorrere tutti gli atti, ha omesso di delineare l’importante iter normativo che si è dipanato nel periodo intercorrente tra il DM Burden Sharing del 2012 e la bozza del DM di Pichetto Fratin del 2023.
Nel 2018, infatti, l’Unione Europea ha emanato una nuova direttiva (la numero 2001/2018) la quale prevede che gli Stati membri provvedono collettivamente a far sì che, nel 2030, la quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia dell’Unione arrivi ad una quota almeno pari al 32% (articolo 1 e articolo 3, comma 1). Quasi contestualmente alla Direttiva, l’UE ha emanato il Regolamento 1999/2018.
Di fronte al mutato quadro normativo europeo, l’Italia è dovuta intervenire per recepire queste novità.
Innanzitutto, nel dicembre del 2019 (era in carica il Governo Conte II) è stato predisposto il PNIEC, Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, che prevede per l’Italia una percentuale di energia da fonti rinnovabili nei Consumi Finali Lordi di energia pari al 30%.
Ma è il Governo Draghi, nel quale la Todde era Vice Ministro, ad aver trasposto normativamente queste indicazioni nell’ordinamento nazionale. In attuazione della legge delega n. 53/2021 (approvata dal Parlamento quando Draghi era già in carica, ossia il 22 aprile 2021), l’Esecutivo guidato dall’ex Capo della BCE ha emanato l’ormai famoso d.lgs. n. 199/2021, il cui articolo 20 (Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili) prevede: “Con uno o piu’ decreti del Ministro della transizione ecologica di concerto con il Ministro della cultura, e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata (…), da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabiliti principi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili, tenuto conto delle aree idonee ai sensi del comma 8”.
Il DM Pichetto Fratin di cui ha parlato la Todde non è altro che il decreto al quale si riferisce l’articolo 20 riportato qui sopra. Ossia, un provvedimento che l’attuale Ministro è stato tenuto ad emanare (facendolo, peraltro, in ritardo) in attuazione della norma prevista da Draghi. Per cui, l’Esecutivo appoggiato dai 5 Stelle e dal PD ha una grossa responsabilità politica in merito, in quanto, nel rimettere ad un semplice decreto ministeriale (sia pur sentiti altri organi) il compito di fissare questi limiti, non ha predisposto efficaci rimedi per impedire che nella ripartizione nazionale la Sardegna fosse penalizzata.
Non a caso, l’art. 1 della bozza del DM Pichetto Fratin prevede che “il presente decreto, in attuazione dell’articolo 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo n.199 del 2021, ha la finalità di: a) individuare la ripartizione fra le Regioni e le Province autonome dell’obiettivo nazionale al 2030 di una potenza aggiuntiva pari a 80 GW da fonti rinnovabili, necessaria per raggiungere gli obiettivi fissati dal PNIEC e rispondere ai nuovi obiettivi derivanti dall’attuazione del pacchetto “Fit for 55”, anche alla luce del pacchetto “Repower UE”.
Non va, peraltro, confuso con questo decreto legislativo un altro Provvedimento emanato da Draghi, il già citato Dpcm 29 marzo 2022 (Energia Sardegna), che fissa (art. 2, comma 3) un limite più basso di produzione da rinnovabili per la Sardegna ma con riferimento ad un’altra questione: ossia, l’individuazione delle opere e delle infrastrutture necessarie alla dismissione dell’utilizzo del carbone in Sardegna e alla decarbonizzazione dei settori industriali. Non a caso, questo Dpcm richiama i decreti legge 76/2020 e 77/2021 (e non il citato art. 20 del d.lgs. 199/2021 da cui scaturisce il decreto ministeriale di Pichetto Fratin).
Con riferimento ai quesiti iniziali si può concludere, pertanto, rilevando:
– che la Todde sorvola su particolari fondamentali quando afferma – come fatto in occasione dell’incontro presso la Cgil sarda – che il governo di cui faceva parte non ha alzato i limiti mentre l’attuale Ministro li avrebbe innalzati di dodici volte. La questione è diversa: rispetto al limite originario del 2012, è cambiata medio tempore la normativa europea; i Governi italiani – anche quello di cui ha fatto parte la Todde – l’hanno recepita prevedendo la soglia nazionale del 30% e demandando al Ministro – sentiti altri organi – il compito di ripartire la soglia tra le Regioni; non avendo previsto dei rimedi efficaci per tutelare la posizione della Regione Sardegna (se non la previsione dell’accordo in Conferenza Unificata), la nostra isola rimane, sostanzialmente, in balìa delle ripartizioni decise altrove, con un ruolo fondamentale attribuito a Pichetto Fratin, attualmente in carica, che ha ottenuto questa possibilità proprio in virtù della normativa apprestata dal Governo Draghi;
– che prima del DM Pichetto Fratin non esisteva un limite aggiornato alle nuove normative europee recepite dall’Italia con previsione di soglie più alte; il DM Burden Sharing del 2012 si riferiva a una direttiva europea e a norme di recepimento nazionali precedenti e ormai superate sia dalla direttiva del 2018 che dalla normativa nazionale apprestata dal Governo Draghi e dalla maggioranza che lo sosteneva.
Antonio Piras