Il voto ad Alessandra Todde e l’argine alla destra

Mentre la Coalizione Sarda sta cercando di addentrarsi approfonditamente, e con incontri ad hoc, sui temi concreti che dovranno essere affrontati alla guida della Regione, basta fare un giro sulle bacheche social per constatare come molti sostenitori del Campo Largo preferiscano sfuggire al dibattito nel merito per concentrare il discorso su due argomentazioni: la Todde è una donna; la candidatura di Soru favorisce la destra.

Pur nella consapevolezza che sarebbe assai più utile parlare di sanità, istruzione, energia ecc., l’utilizzo di tali motivazioni è talmente diffuso e pressante da richiedere necessariamente una replica.

La prima asserzione (“E’ arrivato il momento di una Presidente donna”) presenta profili di interesse perché si tratterebbe di un’innegabile novità. Ma lo sarebbe anche sostanzialmente? Direi proprio di no. Senza citare per l’ennesima volta le esperienze delle donne pentastellate Raggi e Appendino, accolte con grandi aspettative e rivelatesi disastrose, specie a Roma, il problema vero è che alle spalle della Todde ci sono quasi esclusivamente uomini. Le fotografie delle riunioni (o sul palco di Sassari) dei dirigenti del Campo Largo sono emblematiche in tal senso, quasi imbarazzanti. Di conseguenza, c’è da chiedersi se sia preferibile una Presidente attorniata da – più o meno – soli uomini o un Presidente che si avvale della collaborazione di tantissime donne; Soru, nel 2004, varò la prima Giunta paritaria in Italia e il famoso listino del Presidente fu composto da sole donne che diedero vita a una classe dirigente fresca ed innovativa. La Dirindin gestì la sanità con un’efficienza mai vista prima in Sardegna. Per quei tempi fu una rivoluzione; e nulla porta ad escludere che la strada continui ad essere quella, come testimoniato dalla grande partecipazione femminile agli incontri della Coalizione.

Il secondo argomento, come detto, è quello secondo il quale la candidatura di Soru favorirebbe la destra. Abbiamo già trattato, tempo fa, la questione del voto utile. In questa sede è un’altra la domanda che ci si deve porre: i 5 Stelle possono davvero essere considerati un argine contro la destra? Un riepilogo si rivelerà poco utile per chi segue assiduamente la politica, ma può aiutare a comprendere meglio la situazione a tanti di coloro che la osservano più sporadicamente.

Poiché qualcuno replicherebbe che i 5 Stelle di Conte non sono più quelli di Grillo, limiteremo l’analisi alla gestione di Giuseppe Conte, che è diventato Presidente del Movimento nell’agosto 2021. Per cui tralasceremo tutte le giravolte grilline in materia di alleanze (da “mai con nessuno” a coalizioni che sono andate dalla Lega all’estrema sinistra), rendicontazioni, streaming, partiti di Bibbiano e chi più ne ha più ne metta. Trascureremo anche che lo stesso Conte è saltato, in due settimane, dalla guida di un Governo con Salvini a quella di un Esecutivo col PD e la sinistra: l’operazione di trasformismo politico più sconcertante nella storia della Repubblica. Come detto, tuttavia, limitiamoci alla Presidenza Conte, dall’agosto 2021 in poi; mettendo da parte, dunque, anche il fatto che nel 2019 i 5S contribuirono pesantemente alla vittoria del centrodestra di Solinas rifiutandosi di appoggiare Massimo Zedda (che ora, incomprensibilmente, potrebbe tornare proprio sul gong tra le loro braccia perdendo, oltre alle seconde elezioni consecutive, anche la credibilità).

I sostenitori del Campo Largo dipingono, dicevamo, la Todde come un argine alla vittoria della destra meloniana e leghista. Ma non bisogna andare troppo indietro nel tempo per ricordare che proprio la Todde è stata, fino a poco più di un anno fa, Vice Ministro nientemeno che di Giancarlo Giorgetti, che della Lega è, di fatto, il numero 2 (se non il leader occulto) e che costituisce uno degli esponenti principali del Governo Meloni, guidandone le politiche economiche. Fino al mese di ottobre 2022, la Todde ne è stata, pertanto, la vicaria. Molti l’hanno già dimenticato, ma c’è da chiedersi come si possa considerare un argine alla Lega chi, fino a pochissimo tempo va, ne ha condiviso gli indirizzi di Governo; i quali hanno riservato sorprese non proprio piacevoli alla Sardegna.

Va infatti ricordato, tra le altre cose, che proprio nell’ambito di quel Ministero la Todde fu protagonista del Dpcm che ha dato il via libera al Thyrrenian Link e di cui lei stessa si è assunta un’importante quota di paternità (Il Fatto Quotidiano, 5 agosto 2022); esso prevede, tra le altre cose, un cavo sottomarino che collegherà la Sardegna al resto d’Italia e che Terna giustifica col “miglioramento della capacità di scambio”; peccato che la stessa società che gestisce la rete elettrica, nel medesimo documento disponibile sul loro sito, indichi espressamente che “gli ingenti investimenti previsti da Terna nella rete di trasmissione elettrica, a beneficio del sistema Paese, serviranno a (…) rinforzare le dorsali tra Sud (dove è maggiore la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili) e Nord (dove è più sostenuta la domanda di energia elettrica)”.

Chi può escludere, pertanto, che in virtù di questi provvedimenti la ventosa Sardegna non diventi un grande parco eolico a favore del Nord energivoro, con annessi lauti guadagni delle multinazionali e l’ennesima servitù per l’Isola? Questi provvedimenti sono stati varati dal Governo Draghi, di cui il leghista Giorgetti – che del Nord è uno dei paladini principali – era Ministro e la Todde la sua Vice; sarà un caso, ma va anche ricordato che la Todde, tramite le liste bloccate, è stata eletta proprio in Lombardia.

E sebbene, ora, la stessa Todde si mostri contraria alla speculazione eolica, chi ci assicura che una volta eletta non ragioni come fece nel corso di una celebre puntata di Piazza Pulita, andata in onda poco più di un anno fa e disponibile su YouTube, in cui – incalzata dal giornalista Monteleone che le ricordava come i 5 Stelle si opposero al gasdotto Tap in Puglia, appoggiando i comitati locali, salvo, poi, rivendicarne la realizzazione nonostante la campagna elettorale del 2018 fosse stata basata sul sostegno ai comitati contrari – la Todde, alla domanda “avete preso i voti di chi non lo voleva e ora rivendicate di averlo fatto” rispose: “se lei dovesse fare un sondaggio tra la stessa popolazione che non lo voleva, che ha visto gli impatti dell’infrastruttura realizzata, le diranno che non sono più così contrari”.

In altre parole, in campagna elettorale si può dire una cosa e dopo le elezioni si può agire al contrario.

Se si ragiona in questi termini, giustificando una posizione prima delle elezioni e l’esatto opposto al Governo perché tanto i cittadini capiranno, chi ci assicura che lo stesso metodo non venga utilizzato in Sardegna? Perchè la Todde non parla mai del Thyrrenian Link? Perchè non illustra, in contradditorio, il Dpcm Draghi al quale ha lavorato con un apporto cospicuo? Perchè non partecipa ad un incontro pubblico con i comitati che si occupano di questi temi, pubblicando la diretta sulla sua pagina?

La volatilità della posizioni è, innegabilmente, la caratteristica principale della linea pentastellata. E, tornando ad un discorso più prettamente politico, questa volubilità è confermata dalla linea dello stesso Conte. Non va dimenticato, infatti, che proprio l’ex Presidente del Consiglio, lo stesso che in due settimane passò dall’estrema destra all’estrema sinistra, è il maggiore responsabile dell’attuale dominio incontrastato di Giorgia Meloni e dei suoi accoliti sul Parlamento. Fu proprio lui, coadiuvato dalle sventurate strategie di Enrico Letta, ad aprire alla Meloni un’autostrada, consentendole di fare incetta di collegi uninominali e di ottenere una maggioranza che le consentirà di modificare, indisturbata, anche la Costituzione; trasformando, cioè, il Presidente della Repubblica in un notaio e il Presidente del Consiglio in un Dominus incontrastato, come, da sempre, nei migliori sogni della destra.

Di fronte a questi fatti, fa sorridere – ma amaramente, perchè la posta in gioco è assai importante – che i 5S utilizzino come argomento principale il fatto di rappresentare l’argine alla vittoria della destra; con la quale, peraltro, in Sardegna hanno amministrato Sassari (salvo poi decidere, improvvisamente qualche settimana fa, di espellere quei consiglieri dal partito). E il PD ha preferito abbracciare questa linea piuttosto che salvaguardare una parte importante del suo elettorato e della sua storia.

Quanto ai Progressisti, che stanno utilizzando strumentalmente questa motivazione per tornare da chi, nel 2019, ha causato la debacle di Zedda contro Solinas: probabilmente farebbero meglio a riflettere approfonditamente su questi aspetti. Se non i dirigenti, lo facciano almeno i loro elettori.

Antonio Piras