Farsi da parte con generosità

Un’argomentazione cara ai sostenitori di ciò che rimane del centrosinistra è quella secondo cui la coalizione guidata da Renato Soru dovrebbe farsi da parte “con generosità”, lasciando così – più che campo largo – campo libero alla sempre più risicata alleanza PD-5 Stelle.

Abbiamo già trattato, in un precedente articolo, la questione del voto utile. Ora, però, la tesi è differente: perché la teoria del voto utile prevedeva, almeno, che tra una forza più ampia e una più ridotta, entrambe in competizione, si scegliesse la prima per non disperdere i voti; adesso, invece, si invitano, direttamente, i concorrenti a non partecipare; e l’aspetto più curioso è che – stando alle informazioni che circolano in materia di sondaggi – è la formazione più ridotta a chiedere a quella più ampia di non partecipare alle elezioni.

A tal proposito, sorgono spontanee diverse considerazioni ma c’è da chiedersi, innanzitutto, cosa intendano coloro che pretendono “generosità” da chi porta avanti un nuovo progetto.

In primis, è curioso che tali sollecitazioni provengano dai sostenitori dei 5 Stelle, i quali, fino alle ultime giravolte, hanno sempre corso da soli, rifiutando le alleanze e consentendo, da ultimo un anno fa, la vittoria di Giorgia Meloni e l’insediamento di un governo di destra, il cui disastroso operato è sotto gli occhi di tutti. Stando agli stessi ragionamenti, che i supporters pentastellati portano avanti in questi giorni sulle bacheche social, il loro partito non si sarebbe dovuto presentare alle elezioni politiche del 2022. Ma erano tempi in cui Conte diceva che a quel tavolo non si sarebbe mai seduto e la generosità, in quel momento, era un concetto sconosciuto.

Ora, assieme a tante altre prese di posizione (no alle alleanze; uno vale uno; parlamentarie; democrazia diretta; restituzione degli emolumenti e chi più ne ha più ne metta), anche quest’impostazione è finita nell’oblio e si chiede alla Rivoluzione Gentile sardista e di sinistra di fermarsi e lasciare strada agli stessi che alla destra hanno regalato il governo del Paese (peraltro, dopo aver governato a lungo con Salvini e Forza Italia) e numerose amministrazioni locali.

Prima considerazione: chi è autenticamente democratico, opera per far sì che le proprie proposte ottengano maggior consenso tra i cittadini; e non affinché l’avversario politico non partecipi alle elezioni. Una pretesa di questo genere, in cui le formazioni nuove vengono soffocate, è tipica di periodi illiberali, di cui non abbiamo nostalgia. Il medesimo concetto è applicabile al mancato svolgimento delle primarie.

Secondo aspetto: la legge elettorale sarda, con i suoi inaccettabili sbarramenti, escluderebbe completamente dalla competizione molte delle forze che si stanno aggregando attorno a Soru; la rinuncia di quest’ultimo, pertanto, metterebbe fuori gioco tutti questi partiti e movimenti che – pur portando nel dibattito tematiche importanti – non sarebbero mai stati presi in considerazione dal campo largo e che, da soli, non potrebbero mai sperare di superare le soglie di sbarramento.

Il terzo punto, però, è quello più importante. Chi chiede a Soru di farsi da parte “con generosità” trascura – forse a causa della bolla dei social che mette in evidenza solo profili simili ai propri – che la forza che si sta formando è quanto da tempo tantissimi sardi auspicavano, e che andrà a pescare nel vastissimo mondo dell’astensione formato da tutti quei cittadini stanchi dell’immobilismo, sia di destra che di sinistra, che affligge la Sardegna da troppo tempo. Questo mondo è composto dai tanti sardi insofferenti alle imposizioni da Roma, da dove si vede l’Isola in termini di pedina di scambio elettorale con altre Regioni; di chi non ha più intenzione di seguire i notabili del PD, lontanissimi dalle periferie, e le giravolte dei 5 Stelle; del mondo sardista, autonomista e indipendentista, che vede per la prima volta nella storia la possibilità di coalizzarsi in maniera efficace attorno ad un progetto finalmente credibile; di tantissime persone che desiderano, finalmente, che si discuta di temi reali e non solo di alleanze che interessano unicamente a chi è indaffarato nella formazione delle liste.

Quel che in tanti non hanno percepito è che la coalizione guidata da Soru ha davvero la possibilità di vincere le elezioni e di creare, finalmente, in Sardegna ciò che in Valle d’Aosta e in Trentino Alto Adige è realtà da tantissimo tempo: una forza locale in grado di autodeterminarsi e di decidere dall’interno quali debbano essere le priorità per il proprio futuro: ambiente, energia, istruzione, trasporti, zone interne, politiche giovanili. Se a Roma si sceglie anche il candidato, come si può pensare che ci sia sensibilità su queste tematiche? Come si può credere che la nostra Isola spopolata non venga vista come il luogo ideale per impiantare ecomostri eolici o depositi di scorie? Come possono capire, a Roma, che i nostri paesi da 500 abitanti hanno una storia da preservare? O che tanti cittadini non hanno un medico a cui rivolgersi? La lista sarebbe lunga.

Decidano i sardi, dunque. Ma, indipendentemente dal risultato delle elezioni di febbraio, procedere con questa coalizione autoctona consentirebbe una svolta storica che nemmeno ai tempi del “vento sardista” si è riusciti a realizzare. Di fronte a un progetto di questa portata, e all’entusiasmo che sta suscitando, la richiesta di farsi da parte è fuori luogo, fuori tempo, poco democratica e proviene da chi non si sta accorgendo che una valanga lo sta per travolgere.