Considerazioni sulla replica della Todde alle contestazioni del Collegio di garanzia

Appare interessante esaminare le dichiarazioni rilasciate dalla Presidente della Regione – intervistata oggi da Monica Guerzoni per il Corriere della Sera – e dall’avvocato Stefano Ballero (Sardinia Post, 4 gennaio), con riferimento alle contestazioni mosse dal Collegio di garanzia illustrate nei precedenti contributi.

Sostiene la Todde: “non sono decaduta, sono nelle piene funzioni di Presidente della Regione”. Questa affermazione è corretta. Ciò che è definitivo, al momento, è unicamente l’accertamento del Collegio di garanzia. La decadenza dalla carica non opererà finché non sarà (se lo sarà) pronunciata dal Consiglio Regionale, ai sensi del proprio regolamento interno (art. 15, comma 10, l. 515/1993). Fino a quel momento, tutti gli atti compiuti saranno da considerare pienamente validi ed efficaci. Versa in errore chi, al momento, sta affermando il contrario.

Prosegue la Presidente della Regione: “la decadenza è una decisione estrema che avviene solo per due fattispecie, che non si sia fatta la dichiarazione nei termini o che siano state sforate le spese e nessuna delle due fattispecie mi è stata contestata nell’atto reso pubblico”.

Tale affermazione non appare corretta sulla base della normativa vigente.

La Todde – che aggiunge: “riporto il parere dei giuristi, non il mio” – probabilmente, si riferisce al fatto che l’art. 15, comma 7, della l. 515/1993 prevede che la decadenza del candidato eletto abbia luogo nei casi espressamente previsti dal presente articolo: ossia, effettivamente, il mancato deposito della dichiarazione di cui all’art. 7, comma 6 e il superamento dei limiti di spesa per un importo pari o superiore al doppio.

Escluso il caso dello sforamento dei limiti di spesa, va, dunque, verificato se la dichiarazione di cui si parla sia stata, effettivamente depositata. La norma, a tal proposito, prevede (richiamando una legge del 1982) che i candidati debbano presentare una dichiarazione concernente le spese sostenute e le obbligazioni assunte per la propaganda elettorale ovvero l’attestazione di essersi avvalsi esclusivamente di materiali e mezzi propagandistici predisposti e messi a disposizione dal partito o dalla formazione politica della cui lista hanno fatto parte; e a tale dichiarazione devono essere allegate le copie delle dichiarazioni relative agli eventuali contributi ricevuti.

Ora, va detto che una semplice attestazione è sufficiente unicamente nel caso in cui si dichiari di non aver sostenuto spese o di non aver ricevuto contributi. Se non ci sono spese, ovviamente, c’è poco da rendicontare.

In caso contrario, tale semplice attestazione non basta, in quanto il richiamato art. 7, comma 6, l. 515/93 richiede che alla dichiarazione venga allegato il rendiconto, con l’indicazione analitica dei contributi e dei servizi (sono previste soglie minime), nonché gli estratti del conto corrente appositamente dedicato; e prevede, soprattutto, che il rendiconto venga non solo sottoscritto dal candidato ma anche controfirmato dal mandatario.

In altre parole: questi allegati costituiscono un elemento necessario affinché il requisito richiesto a pena di decadenza possa ritenersi integrato.

Se non vengono sostenute spese, è sufficiente un’attestazione, in tal senso, dei candidati; ma, nel caso opposto – ossia se le spese vengono affrontate – qualora non vengano prodotti il rendiconto, gli allegati citati e la controfirma del mandatario che ne attesta la veridicità, l’onere previsto dalla norma non può ritenersi adempiuto. In tal caso, pertanto, in presenza di spese sostenute e contributi ricevuti, il requisito non può ritenersi soddisfatto perché la dichiarazione richiesta dalla norma comprende anche gli allegati e tutti gli adempimenti a corredo; in assenza, scatta la sanzione prevista dall’art. 15, ossia la decadenza dalla carica per chi è stato eletto. Non si sfugge.

Il problema occorso alla Todde scaturisce dal fatto che – in base a quanto riportato sull’ordinanza – in un primo momento la candidata avrebbe dichiarato di “aver ricevuto spese, come da rendiconto allegato, per complessivi euro 90.629 e di aver ricevuto contributi e/o servizi, come da dichiarazione allegata, per euro 90.670” (dichiarazione del 15 giugno). In sede di presentazione della memoria seguita alle contestazioni del Collegio, tuttavia, la Todde include una seconda dichiarazione (3 dicembre), considerandola sostitutiva della prima, con cui addiviene – ricorda l’ordinanza – ad un’affermazione sorprendentemente opposta: ossia, di non aver sostenuto spese, di non aver ricevuto contributi e servizi e di essersi avvalsa unicamente di materiali e mezzi propagandistici messi a disposizione dalla propria formazione politica.

È qui che sorge la contestazione del Collegio.

Innanzitutto, quella che rileva ai fini della l. 515/93 è la prima dichiarazione (del 15 giugno), in quanto in sede di presentazione delle memorie non è possibile sconfessare quanto già dichiarato. Se, pertanto, è necessario tenere conto della prima dichiarazione, nella quale la Todde afferma di aver sostenuto spese e di aver ricevuto contributi, sarebbe stato indispensabile nominare fin dal principio un mandatario, aprire un conto corrente dedicato, allegare i rendiconti, farli sottoscrivere anche dall’incaricato. I primi due adempimenti non sono stati proprio effettuati; mentre il consuntivo effettivamente allegato, chiarisce il Collegio, “risulta essere stato inviato alla Corte dei Conti quale rendiconto delle spese elettorali del movimento/partito”. Pertanto, se il rendiconto era quello del Partito, ed è stato inviato alla Corte dei Conti in tale veste, non avrebbe potuto essere allegato anche quale rendiconto della singola candidata, per la quale sarebbe stato necessario un percorso specifico, un mandatario ad hoc ecc.

Mancano, dunque, i presupposti affinché la dichiarazione prevista dall’art. 7, comma 6, possa ritenersi integrata, difettando tutto il corredo richiesto; una dichiarazione priva della restante dotazione sarebbe stata sufficiente in assenza di spese sostenute e contributi ricevuti ma ciò è escluso da quanto affermato dalla candidata col documento del 15 giugno, il quale certifica l’opposto e a nulla è valso il tentativo in extremis di affermare l’opposto in sede di memorie.

È importante rilevare che la clamorosa contraddizione tra le due dichiarazioni “sull’onore” è quella che ha portato, altresì, il Collegio a sollevare il problema di valutare la corrispondenza al vero delle dichiarazioni inviate alla Pubblica Amministrazione. Non va dimenticato che il Collegio, alla luce delle varie anomalie riscontrate, ha deciso di trasmettere copia degli atti alla Procura della Repubblica “per quanto di eventuale competenza”.

Prosegue, ancora, la Todde nell’intervista: “mandatario e conto corrente sono obbligatori quando si ricevono contributi da terzi e si spende per la campagna personale. Io non avrei accettato contributi da terzi, li ha raccolti il comitato con nomi e cognomi e non ho sostenuto spese sopra soglia”.

Il problema è che tale affermazione contrasta con la dichiarazione del 15 giugno, nella quale, riporta il Collegio, la candidata aveva affermato di aver affrontato spese e ricevuto contributi per gli importi visti sopra. Quella dichiarazione fa fede, e rende necessari tutti gli adempimenti esaminati.

Ora, il nodo cruciale è che, in presenza di due dichiarazioni “sull’onore” di tenore opposto, la dichiarazione che fa fede è necessariamente la prima, perché la seconda è stata presentata in sede di memorie, ossia in un frangente oltre i termini nel quale non era possibile sostituire l’originaria. E se fa fede la prima, significa che le spese e i contributi riguardavano la candidata, non il partito; rendendo necessaria la nomina del mandatario, l’apertura del conto dedicato, l’allegazione dei rendiconti specifici ecc.

Poichè ciò non è stato fatto, non si può ritenere sussistente il rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 7, comma 6, ossia la presentazione della dichiarazione della quale costituiscono parte integrante tutti i vari documenti; conseguenza dell’assenza degli stessi, ai sensi dell’art. 15, l. 515, è inevitabilmente la decadenza della candidata eletta.

Pertanto, il problema non è certo quello costituito dalla bolletta da 150 euro di cui alcuni parlano in queste ore.

Diventa, a questo punto, possibile analizzare anche le affermazioni dell’avv. Stefano Ballero – riportate da Sardinia Post – il quale asserisce: “un provvedimento incomprensibile, non si capisce perché un normale atto amministrativo, qual è la verifica delle spese elettorali di qualsiasi candidato, possa determinare una situazione del genere. Ci sarebbe voluto ben altro per arrivare alla dichiarazione di decadenza della carica, non delle banali imprecisioni burocratiche”.

È agevole replicare all’avv. Ballero con una osservazione quasi scontata: tale situazione viene determinata dal fatto che la prevede la legge in maniera chiarissima.

Se ci si vuole candidare a ricoprire quella carica, è necessario rispettare quelle prescrizioni; se non si ha tempo, voglia, capacità per cimentarsi in tali adempimenti burocratici si può, semplicemente, evitare di presentarsi alle elezioni. Del resto, come afferma la Todde nell’intervista, “vengo dal privato, non devo per forza restare in politica”. Però, se si vuole stare in politica, le condizioni sono quelle previste dalla l. 515/1993 e dalla L.R. 1/1994. Con queste bisogna fare i conti oppure attivarsi per chiederne la modifica al Parlamento.

Altrimenti, anche il disoccupato che si candida ad un concorso pubblico senza presentare la relativa documentazione potrebbe poi lamentarsi della certa esclusione pur essendo risultato vittorioso.

Del resto, per tali adempimenti burocratici sono passati tutti i candidati: per quale motivo per la Todde non dovrebbero valere le stesse regole?

E non sono “brufolini”, come ha sostenuto ieri l’avv. Benedetto Ballero secondo quanto riportato dall’Unione Sarda (link in basso). Il Collegio, infatti, ha chiarito benissimo che “il fine della legge è quello della trasparenza, affinché sia possibile individuare gli autori di ogni singolo finanziamento percepito dal candidato partecipante alle elezioni, di modo che, una volta eletto, sia possibile individuare immediatamente se esiste un collegamento diretto tra quest’ultimo e la scelta amministrativo-politica che viene effettuata dopo l’assunzione dell’incarico (…) nonché per stabilire i limiti di spesa anche ai fini di una corretta competizione elettorale”.

Trasparenza e rispetto delle regole democratiche non sono certo “brufolini”.

Anche perché, chiarisce il Collegio, i finanziamenti raccolti dal Movimento 5 Stelle “sono stati indicati dalla Todde come utilizzati direttamente ed esclusivamente per la sua campagna elettorale” mentre sarebbero dovuti “confluire nel conto corrente dedicato acceso da un mandatario che deve essere appositamente nominato (nel caso di specie inesistente)”.

Aggiunge, poi, il Collegio che “le spese per la campagna elettorale della Todde risultano essere sostenute non solo dal partito di appartenenza (M5S) ma anche dai già citati partiti PD e Sinistra Futura nonché da una moltitudine di altri soggetti” e che, per tale ragione, “tutti gli importi avrebbero dovuto confluire in un conto dedicato che la candidata Todde avrebbe dovuto appositamente accendere”.

Sorprendono, a questo proposito, le ulteriori affermazioni dell’avv. Stefano Ballero riportate da Sardinia Post, secondo cui la Todde “non aveva nominato un mandatario perché aveva deciso di non accettare fondi da nessuno ma di utilizzare quelli messi a disposizione dal Partito democratico e dal Movimento 5 stelle. Peraltro somme rendicontate dagli stessi gruppi politici e inviate regolarmente alla Corte dei conti. Alessandra Todde non aveva necessità di giustificarli. Soprattutto non possono essere contabilizzati due volte”.

Queste affermazioni si rivelano, a dire il vero, quasi controproducenti: affermare che la Todde aveva deciso di utilizzare i fondi messi a disposizione da PD e M5S fa intendere, salvo smentite, che tali spese riguardino la candidata e non tali partiti; e che, pertanto, ciò avrebbe reso senz’altro applicabile l’art. 7, comma 4, della l. 515/1993 secondo cui “il mandatario è tenuto a registrare tutte le operazioni di cui al comma 3 relative alla campagna elettorale del candidato designante, avvalendosi a tal fine di un unico conto corrente”; peraltro, rendendo necessaria addirittura l’identificazione delle generalità da parte degli enti creditizi.

Per cui, stando al dettato normativo, la Todde non poteva utilizzare, per la propria campagna elettorale, fondi messi a disposizione da tali soggetti senza passare per il mandatario, per il conto corrente dedicato e per la documentazione da allegare alla dichiarazione ex art. 7, comma 6 di cui si è detto ampiamente.

Per tutte queste ragioni, le argomentazioni utilizzate dall’entourage della Presidente appaiono debolissime e ne mettono a repentaglio la credibilità, più che la carica; sotto quest’ultimo aspetto sussiste, infatti, la quasi assoluta certezza che il Consiglio Regionale salverà la Todde (mentre sulle sanzioni pecuniarie appare arduo che il giudice ordinario possa sovvertire il provvedimento del Collegio); resterà da vedere, in separata sede, quali possano essere i rimedi in caso di mancata ratifica della decadenza e se la Todde rischi veramente di perdere lo scranno.

In ogni caso, si tratta di una frittata senza precedenti, non solo dal punto di vista giuridico ma, soprattutto, sotto il profilo politico.

PS. Il citato articolo di Sardinia post (link in basso) si conclude con un affermazione del suo Autore secondo cui “Alessandra Todde, eventualmente venisse sanzionata, non sarà nemmeno tenuta a pagare un solo euro. La legge nazionale del 1993 sulle norme per le elezioni è stata recepita l’anno successivo dalla Sardegna fino all’articolo 14, il 15°, che prevedeva le sanzioni, è rimasto fuori. Insomma, i presupposti perché tutto finisca in un clamoroso buco nell’acqua. Come dire, tanto rumore per nulla”.

Tale osservazione è del tutto imprecisa e avrebbe richiesto maggiore scrupolo nelle verifiche. L’art. 3 della L.R. n. 1/1994 richiama le fattispecie di cui all’art. 7 l. 515/1993, mentre l’art. 15, che le sanziona, è richiamato dall’art. 5, comma 3 della legge regionale. Pertanto, salvo ricorso vittorioso, la Todde sarà senz’altro tenuta a pagare quanto dovuto.

Antonio Piras

Link:

– Intervista di Monica Guerzoni ad Alessandra Todde

Alessandra Todde: «Io tranquillissima, non sono decaduta. Attaccarmi alla poltrona? Se va male un lavoro ce l’ho» | Corriere.it

– Contributo di Sardinia Post sulle dichiarazioni dell’avv. Stefano Ballero

Todde dichiarata decaduta, l’avvocato Stefano Ballero: “Un provvedimento incomprensibile” – sardiniapost

– Articolo dell’Unione Sarda con le dichiarazioni dell’avv. Benedetto Ballero

Caso Todde, il suo legale: «Non si può chiedere la decadenza per un brufolino…» – L’Unione Sarda.it